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Mio padre e io

di e con Fabio Trimigno
guida alla stesura drammaturgica Stefania Marrone
musiche Fabio Trimigno, eseguite dal vivo dall’autore (violino, violino tromba, sega musicale, percussioni)
spazio scenico e luci Cosimo Severo
datore luci Luca Pompilio
regia Fabio Trimigno

Mio padre e io arriva quando un musicista che improvvisamente non poteva più suonare in pubblico e non sapeva quando sarebbe tornato a farlo, si è tuffato penna alla mano nel suo rapporto con la musica.
E ha scoperto che quella penna era in grado di scavare a fondo, molto a fondo, dove mai avrebbe creduto e dove forse non avrebbe voluto. Da quella penna sono apparsi su carta le vie del quartiere, la bottega del fabbro dove un gallo domestico in piena luce mangiava trucioli di ferro mentre un bambino faceva i suoi primi esercizi sul violino sotto una luce a neon intermittente, il primo ricevendo gratuitamente e l’altro inseguendo faticosamente l’approvazione du Mastr Sardon, il più bravo fabbro dal Gargano a Milano.
Ricordi netti per un racconto vivido e ironico sui padri che indicano con ostinazione la via, quasi dimenticando che l’unico modo che i figli hanno di tramandare il loro insegnamento è quello di tradirlo.
Mio padre e io è la storia di un tradimento, quello delle aspettative: un padre che stava crescendo un professore di musica buono per dare lezioni e nipotini che avrebbero completato la sua vecchiaia si ritrova davanti un artista, che dell’artista ha tutte le qualità, anche il precariato, sposato sì (come certo lui gli aveva insegnato con la ferrea distinzione dei ruoli familiari), ma con un altro uomo.
Un padre e un figlio che oggi hanno poco in comune e niente da dirsi, eppure continuano a ritrovarsi in teatro, uno sotto le luci del palco e uno al buio mescolato nel pubblico, a godere della musica che li unisce da sempre.

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