Produzioni

Canto per la città – 1620

Produzione di comunità

scritto da

Stefania Marrone e Cosimo Severo

con

Nunzia Antonino, Beatrice Cassandra, Rosalba Mondelli, Rosa Merlino, Salvatore Marci, Giacomo Liva, Giovanni Salvemini

e con

il coro dei 70 cittadini di Manfredonia, Foggia e Monte Sant’Angelo

musiche composte dal M°

Fabio Trimigno

suonate dal vivo da

Antonio Riccardo (sassofoni e percussioni), Matteo Fioretti (chitarre), Simona D'Antuono (arpa), Fabio Trimigno (violino), Ilaria Guerra (II violino), Vincenzo Starace (viola), Gianni Cuciniello (violoncello)

fonica e suoni

Amedeo Grasso, Domenico Grasso, Francesco Gentile

disegno luci

Cosimo Severo, Luca Pompilio

supporto realizzazione costumi

Salvatore Piccoli, Ercole Scanzano, Maria Prencipe, Rosalba Mondelli, Filomena Ferri

cura dell'organizzazione

Stefania Marrone

segreteria organizzativa

Micaela Granatiero

regia

Cosimo Severo

guide del coro

Cosimo Severo, Rosa Merlino, Giovanni Salvemini, Fabio Trimigno, Rosalba Mondelli

Canto per la città è un racconto a più voci, un canto a tratti epico ma accuratamente intimo nella parola e nei sentimenti che racconta. La storia parte da una città assediata per poi spalancare le porte su un mondo ignoto: il Topkapi, il palazzo del Sultano: seguendo il viaggio di una bambina di 10 anni, rapita durante quel sacco, divenuta Sultana dell’Impero ottomano.

Uno spettacolo che affonda le sue radici nella riscrittura di un testo che ventitré anni fa ha gettato il primo seme del legame artistico fra gli Apocrifi e la comunità di Manfredonia.

E, in effetti, nasce subito dopo lo spettacolo “A un piede e mezzo dal muro”, del 2003, col coinvolgimento di una corale di sedici elementi, il progetto di stanzialità della giovane compagnia nata a Bologna.

Non è un caso che sia proprio questo lavoro a inaugurare oggi il Cantiere Apocrifi25che per 25 mesi attraverso riallestimenti, pubblicazioni e la realizzazione di un docu-film, comporrà un lungo racconto dei primi venticinque anni di vita della Compagnia.

“Dal testo di ventitré anni fa siamo ripartiti con Stefania, dalle musiche di quello spettacolo è ripartito Fabio; ma noi siamo inevitabilmente cambiati, è cambiato il nostro modo di essere teatro, è cambiato il nostro modo di guardare a quella storia”, racconta il regista Cosimo Severo. “Ci ritroviamo dentro un lavoro che per noi ha segnato un inizio e oggi ne segna un altro, diverso, con addosso questi primi 25anni di teatro collettivo”.

Nell’agosto del 1620 la città di Manfredonia è stata saccheggiata dall’armata turca, con una violenza sproporzionata – 55 galee per un piccolo porto, seimila soldati per una popolazione di 2400 abitanti, donne, bambini, anziani, malati inclusi. Un evento spartiacque nella storia della giovane città, che all’epoca dei fatti aveva meno di quattrocento anni e che si è ritrovata assediata, rasal suolo i suoi palazzi, spopolate le sue mura, bruciata la sua memoria. Cosa vuol dire raccontare oggi questa storia?

“A quella memoria bruciata e dispersa – conclude Severo – risponde il desiderio di questo spettacolo, non per rievocarla con nostalgia ma per rimetterla in vita, per rimettere il passato in questione nel presente, per chiederci cos’è oggi un assedio, cosa vuol dire sperare aiuti che non arrivano, sapere che la nostra casa, che abbiamo scelto e costruito, non è più il nostro luogo sicuro a cui tornare”.

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